Col recepimento del provvedimento europeo, stop alla palette in plastica

Se non visualizzi correttamente, clicca qui.
Plastica monouso, la direttiva Ue e i rischi per il vending italiano
Col recepimento del provvedimento europeo, stop alla palette in plastica per i distributori automatici, un settore che vede le nostre imprese leader mondiali. Il presidente di Confida Trapletti chiede al governo di sostenere lo sforzo di ricerca e sviluppo di nuovi materiali. E finanziare il progetto RiVending
Massimo Trapletti
Presidente, CONFIDA

In Italia la direttiva Ue sulla plastica monouso rischia di azzoppare un intero settore, quello chiamato alla produzione di palette per caffè dei distributori automatici. Il recepimento da parte del nostro Paese di un provvedimento ideato per ridurre l'impatto ambientale della produzione di plastica ha sollevato le perplessità di Confida, associazione di categoria delle imprese del vending, il cui presidente Massimo Trapletti ha spiegato a Food Service le controversie legate a una misura che rischia di avere pesanti ripercussioni sul settore.

Quali sono le criticità che riscontrate nel recepimento della cosiddetta direttiva Sup (Single use plastic, ndr)?

Purtroppo, in base al procedimento europeo ora oggetto di decreto attuativo, i cosiddetti agitatori in plastica, vale a dire le palettine per il caffè, non sono stati compresi tra le categorie che prevedono una semplice riduzione, ma, di fatto, dallo scorso 3 luglio, sono stati vietati. Una misura che rischia di compromettere un settore d'importanza strategica nell'industria del vending italiano.

Sta dicendo che non esistono materiali alternativi in grado sostenere l'attuale produzione?

Le alternative esistono, ma occorre tempo per sobbarcarsi la produzione dei quantitativi di palette che le sette società italiane specializzate in questo comparto commercializzano per il nostro Paese e per l'export. Purtroppo, il recepimento è arrivato quando ancora a queste imprese non era stato comunicato se sarebbe stato possibile ottenere una deroga, se sarebbe stato possibile continuare a vendere o meno il materiale già prodotto. Malgrado ciò, la ricerca di risorse diverse da quelle attualmente utilizzate non si è mai fermata.

Quali sono le problematiche legate alla conversione della produzione?

Per adattare il parco macchine ai nuovi materiali sono necessari investimenti particolarmente onerosi per società medio-piccole come quelle specializzate nella produzione delle palette. In ogni caso, poi, servirà tempo: si stanno facendo prove con determinati materiali nuovi e alcuni stanno dando risultati soddisfacenti. Per esempio, la carta compatta con un trattamento esterno, che potrebbe essere un valido sostituto della plastica.

Il problema è legato anche ai numeri dell'esportazione italiana.

Sono miliardi le palettine che vediamo in giro tutti i giorni da sostituire. Oggi le stesse società che le producono stanno comprando oggetti simili in legno dall'India e dalla Cina. Ma questo comporta problemi di sicurezza: non sappiamo come queste palette sono fatte, senza considerare che il materiale viaggia per un mese sulle navi, prima di essere stoccato e commercializzato. Il legno ha un problema legato all'assorbimento dell'umidità e, non essendo conservato sotto vuoto, rischia di essere pericoloso per l'utilizzo all'interno dei distributori automatici.

Ciò nonostante, dal 3 luglio è di fatto bandita la vendita di ciò che si è precedentemente prodotto.

Servirà almeno un anno per trovare il prodotto sostitutivo idoneo e che permetta di sodisfare le richieste necessarie. Noi ci stiamo concentrando sull'Italia, ma se parliamo di Europa i numeri sono ancor più importanti. Basti pensare che attualmente si vendono 2 miliardi e 800 milioni di erogazioni di bevande calde solo in Italia. Nemmeno il legno è sufficiente a coprire questi numeri, senza considerare le problematiche ambientali legate a un materiale che non è riciclabile.

L'Italia rischia di perdere una leadership riconosciuta come quella nel vending?

Le sette società sopra citate ad oggi producono solo palettine. Stando così le cose, dovranno trasformarsi e diventare importatori commerciali, perdendo, dunque, un primato acquisito negli anni. Senza dimenticare che la paletta importata non costa come quella italiana e, soprattutto, non ha le stesse certificazioni.

Qual è la vostra proposta per ridurre il consumo di plastica?

Le motivazioni della direttiva europea sono nobili, ma occorre fare dei distinguo. Le palette sono al 100% riciclabili e noi abbiamo già messo in campo un programma, il progetto RiVending, che mira al recupero al 100% del prodotto utilizzato. Senza considerare che il 97% delle vending machine fa riferimento a luoghi chiusi: è una sciocchezza pensare che il vending possa inquinare il mare, dato che i rifiuti sono immediatamente gettati nei contenitori che si trovano accanto ai distributori. Dal nostro punto di vista, un obiettivo ragionevole può essere una progressiva riduzione, sempre nell'ottica della direttiva europea, che prevede il riciclo e ci obbliga a raggiungere il 75% del recupero della plastica. Siamo i primi a sostenere un tema di economia circolare, ma occorre programmazione.

L'industria del vending cosa può fare in tal senso?

Noi abbiamo 820 mila distributori installati sul territorio, abbiamo la possibilità di educare. Un contenitore che spieghi per filo e per segno cosa comporta il riutilizzo dei materiali contribuisce a una forma di educazione all'utente finale, che, in questo modo, sa che il materiale viene recuperato al 100%. Criminalizzare indistintamente, come sovente accade, è sbagliato: le vending machine non creano inquinamento

Cosa chiedete come Confida al governo italiano?

Auspichiamo un sostegno fino a oggi mancante nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Per cominciare, dovrebbero esserci più contenitori speciali per il recupero, che permettano di non mischiare con altre plastiche il polistirolo compatto. Stiamo parlando di materiali vergini e 100% riciclabili. Materiali che Corepla non manda allo smaltimento, ma direttamente al lavaggio, saltando i due passaggi più costosi per passare direttamente al recupero. In conclusione, noi non vogliamo mettere in discussione la direttiva, ma supportare precise indicazioni in settori tecnici come il nostro che è tecnico, dove i prodotti sono fatti specificatamente per il vending e devono avere caratteristiche particolari. Non è possibile ignorare quest'industria e i lavoratori che ne fanno parte.

Hai ricevuto questa email tramite inoltro e vuoi ricevere le prossime? Iscriviti
Vuoi mandare un tuo commento su questi argomenti? Scrivi qui